…..tra inflazione, tassi e transizione energetica
ECONOMIA
Dopo un burrascoso 2022, anche il 2023 si apre con diverse preoccupazioni all’orizzonte: tensioni geopolitiche, inflazione persistente, crisi energetica. Sono i fattori che impatteranno sulle economie dei paesi sviluppati e di alcuni paesi emergenti, provocando un rallentamento della crescita. Il principale freno alla crescita in Europa potrebbe essere lo choc energetico che vale dodici punti percentuali di Pil, a cui si aggiungono le pressioni inflazionistiche. In tale scenario, come azione di contrasto, i mercati, si attendono che la Banca centrale europea sospenda il rialzo dei tassi d’interesse, ma di certo non effettuerà tagli che saranno un argomento del 2024. Negli Usa, la crisi energetica è più contenuta. L’impatto su famiglie e imprese è stato in parte attenuato attraverso i bilanci pubblici. Oltreoceano si deve fare i conti con il mercato del lavoro che stenta a tornare a livelli occupazionali pre Covid, con inevitabile ripercussione sulla crescita, prevista in rallentamento nella seconda metà dell’anno. E’ ipotizzabile quindi che di fronte a uno scenario di disoccupazione, la Federal Reserve adotti una politica monetaria più accomodante, accettando di convivere con un’inflazione più alta. L’inflazione di oggi è in parte il risultato di forze cicliche che stanno migliorando e in parte il risultato di forze strutturali che, invece, continueranno ancora per diverso tempo a esercitare pressioni. Negli Usa l’inflazione dovrebbe attestarsi più vicina al 3% che al 2%, mentre per l’Europa il 2% è un livello realistico. Più favorevole è il quadro macroeconomico del Giappone, dei Paesi Emergenti e della Cina. In queste aree l’inflazione è bassa e, quindi, non si rischia la recessione. Questi Paesi hanno attivato politiche monetarie restrittive molto prima dei paesi industrializzati. L’hanno fatto appena il ciclo economico ha cominciato a migliorare. La Cina, adesso è alle prese con la riapertura post Covid e potrebbe riprendere a crescere.
MERCATI
Per quanto riguarda il mercato azionario, lo scenario macro economico dovrebbe migliorare in modo evidente nel secondo semestre del 2023. Il taglio delle stime di crescita di utili e dividendi si rifletterà negativamente sui corsi azionari già nei primi mesi dell’anno. Inprimavera quindi si potrebbe profilare l’opportunità di aumentare strategicamente l’esposizione all’asset class azionaria, soprattutto se le banche centrali dovessero attenuare il contrasto all’inflazione, o cambiare rotta. Politiche monetarie più accomodanti, infatti, alimenterebbero un calo dei tassi reali, innescando un rialzo più repentino delle valutazioni azionarie. Il benchmark di riferimento scambia a circa 14 volte gli utili stimati a 12 mesi, contro una media dell’ultimo decennio di 15 volte. Si può ipotizzare quindi che, al raggiungimento del punto minimo dei prezzi, si potrà tornare a riacquistare i settori ciclici, in particolare finanziari e industriali.
TRANSIZIONE ENERGETICA
Un capitolo a parte e di grande impatto è la transizione energetica che è la vera grande sfida planetaria del 2023 e degli anni successivi. Ciò implica mettere in campo concreti interventi per accelerare la transizione verso le fonti rinnovabili. Per arrivare a un’economia a zero emissioni di carbonio nel 2050 i mercati dei capitali dovranno prevedere investimenti per complessivi centomila miliardi di dollari entro il 2050. Il più grande impegno economico dai tempi del Piano Marshall e dall’ascesa della Cina negli anni 90 che ha portato alla grande trasformazione economico- finanziaria. Questi investimenti avranno una duplice conseguenza: da un lato produrranno, già nel 2023, una robusta crescita dei settori legati alle fonti alternative, in particolare la solare, l’idrogeno verde e il nucleare; dall’altro il rinnovamento di numerosi settori legati ai combustibili fossili, come batterie, lampadine e mobilità, dove legislazioni sempre più stringenti stanno spingendo fuori dal mercato i vecchi modelli. L’elettrificazione dei mezzi di trasporto può ridurre le emissioni globali di carbonio del 16% entro il 2040. Negli Usa, sono già stati messi sul tavolo 370 miliardi da investire nei prossimi cinque/dieci anni in tutti i principali settori dell’energia. La fetta più sostanziosa, 90 miliardi , andrà ai costruttori di batterie e alle energie rinnovabili, ma sono previsti stanziamenti anche per il nucleare, il trasporto sostenibile, apparecchi e prodotti a consumo ridotto e l’idrogeno. Per incentivare la transizione verso un’energia pulita e sostenibile, in Europa si lavora sul Piano per l’Energia (Repower Eu), che, in seguito all’aggravamento della guerra in Ucraina, come primo obiettivo vuole garantire l’approvvigionamento dell’energia, riducendo la dipendenza dalla Russia e ha previsto 210 miliardi da spendere entro il 2027, soprattutto nell’ energia solare, idrogeno verde ed efficientamento energetico, anche tramite stimoli fiscali per incentivare l’installazione di impianti di riscaldamento di nuova generazione e l’isolamento termico degli edifici.
Per tutte queste ragioni anche per il 2023 bisognerà puntare su investimenti mirati e puntati su transizione energetica ed ecologica.
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